Comportiamoci da adulti
I politici dovranno accettarlo: l'"erba" sarà depenalizzata
scrive il direttore del New Scientist
Quando agli ultimi giochi olimpici invernali di Nagano i funzionari del CIO hanno deciso di restituire la medaglia d'oro al campione di snowboard Ross Rebagliati, gli applausi hanno sommerso i pochi fischi. Era uno scandalo di serie B in uno sport di serie B, ma l'episodio e' stato illuminante riguardo al rapporto turbolento che il mondo intrattiene con la sua droga illegale preferita.
Dieci anni fa Rebagliati sarebbe stato ostracizzato, indipendentemente dal fatto che la canapa indiana fosse o meno sulla lista delle sostanze proibite nel suo sport. Quello che è cambiato oggi è che il nostro atteggiamento verso le droghe illegali sta diventando più sofisticato e discriminante. Trent'anni di ricerca sugli effetti dannosi della canapa indiana sembrano indicare che non ci possono essere pericoli nascosti ancora da scoprire. Sappiamo benissimo che è del tutto insensato considerare la cannabis indica come una droga che migliora le prestazioni sportive, così come è una follia pensare che questa sostanza rammollisca il cervello, o che conduca inesorabilmente al consumo di droghe pesanti.
Nonostante la propaganda anti erba che circola negli Stati Uniti, la maggior parte delle persone è felicemente consapevole del fatto che nessun grave disastro sociale ha colpito l'Olanda, dove da anni i derivati della canapa indiana vengono venduti apertamente nei coffee shop. E' necessaria un'astuzia veramente perversa per distorcere i dati che vengono da Amsterdam in modo che siano di supporto alla continuazione del proibizionismo.
Certamente nessuna persona di buon senso potrebbe credere che la marijuana sia completamente innocua, ma d'altra parte perfino nella polizia si promuove la decriminalizzazione di questa droga. Solo i politici sembrano ancora irrazionalmente terrorizzati dall'idea di un rilassamento nella legge: essi ritengono di poter continuare come hanno fatto finora, mettendo tutte le droghe sullo stesso piano. Comunque, prima di decidere esattamente cosa significherà in pratica la decriminalizzazione, dobbiamo considerare accuratamente ogni aspetto della canapa indiana, dai suoi effetti a lungo termine sul cervello agli effetti sociali della riforma legale. Se ci dovrà essere un cambiamento, fino a che punto questo dovrà giungere? Da una parte, potremmo scegliere una soluzione all'olandese, dall'altra, potremmo decidere di fare poco più che razionalizzare te sanzioni legali e permettere ai medici di prescrivere la marijuana a pazienti colpiti da gravi malattie. E se gli spinelli dovranno essere distribuiti da Servizio sanitario nazionale, per esempio, quali informazioni dovranno essere riportate sulla confezione? Dovremo aspettare finché i ricercatori avranno trovato il modo di diluire la marijuana nell'aerosol?
L'impellente bisogno di un dibattito aperto sulla canapa indiana è appunto la ragione per cui l'OMS ha sbagliato a cedere alle pressioni politiche censurando in una recente relazione una (sia pure controversa) nota informativa in cui si confrontavano i danni causati da diverse droghe, tra cui la marijuana e l'alcol.
Da oltre un secolo, cioè dalla Indian Hemp Drugi Commission del 1894, i ricercatori indipendenti vanno educatamente ribadendo che i malanni attribuiti alla canapa indiana sono stati ingigantiti, e da altrettanto tempo i politici continuano, altrettanto educatamente, a ignorare la loro protesta. Il cambiamento sembra ora più vicino perché le forze che spingono per una riforma della legge hanno un sostegno popolare mai ricevuto prima.
Il governo americano potrebbe già aver incassato una sconfitta su questo argomento. Negli ultimi mesi è rimasto incastrato in un'agra e futile disputa con gli stati della California e dell'Arizona che hanno legiferato indipendentemente permettendo ai medici di prescrivere la marijuana senza conseguenze penali. Anche negli Stati Uniti, minacciare di azioni legali gli inermi pazienti e i loro medici non fa certo guadagnare voti.
Qualcosa dovrà succedere, e con tutta probabilità la California e l'Arizona alla fine trionferanno. Se così sarà, questo segnerà la fine della criminalizzazione della marijuana, perché‚ quando il governo americano imbocca una strada, il resto del mondo lo segue placidamente.
Tutto questo, naturalmente, non significa che la canapa indiana sia poi cosi innocua come affermano alcuni dei suoi sostenitori.
Ma non significa nemmeno che si debbano prendere per buone le opposte affermazioni del più grande finanziatore della ricerca sulla marijuana, come dimostra il servizio "Sballo sicuro".
Si possono anche perdonare i sostenitori delle opposte fazioni, se spacciano propaganda; ma da rinomate organizzazioni scientifiche mondiali, come l'Istituto nazionale degli Stati Uniti per il controllo dell'abuso di stupefacenti, è lecito attendersi un'onesta valutazione dei risultati delle ricerche finora eseguite.
Alun Anderson
Direttore di New Scientist